“L’intenzione è stata quella di lavorare in maniera più aperta sulle strutture, superando la griglia degli accordi, dei temi in un linguaggio che lega frammenti melodici in una forma musicale aperta”. Il pianista napoletano Francesco D’Errico è tra i musicisti e compositori, che con l’etichetta Itinera ha potuto lavorare a fondo sulla ricerca di un linguaggio che sapesse coniugare la libertà compositiva a quella espressiva. Una ricerca che passa attraverso i due capitoli in trio “Waiting for the queen” e “And now the queen” del 2012 dove con Marco de Tilla al contrabbasso e Dario Guidobaldi alla batteria, D’Errico concede alla sua musica la “bellezza dell’esplorazione” soprattutto grazie al forte interplay con i due compagni di viaggio. Prima ancora, nel 2010, lo stesso trio aveva realizzato l’ottimo “A glance”, un album dove la musica di D’Errico si dimostra attenta e fedele sacerdotessa delle Muse. Ma il sodalizio con Itinera inizia già nel 2007, quando il piano di Francesco D’Errico accompagna un progetto di musica contemporanea: “The Gray Goose” dedicato al song book del compositore austriaco Hanns Eisler e del drammaturgo tedesco Bertolt Brecht. Un’idea di Francesco D’Errico e del sassofonista Claudio Lugo, completata dal contributo dei due amici Famoudou Don Moye, storico batterista dell’Art ensamble of Chicago e Hartmut Geerken, poeta, scrittore, performer e musicista tedesco, nonché grande estimatore di Eisler. Qui, il quartetto improvvisa climi e colori sempre cangianti, rispettosi dell’originale eppure mai didascalici. I testi brechtiani, sensibili agli argomenti di denuncia sociale cari ai movimenti rivoluzionari della prima metà del Novecento (sfruttamento del lavoro, cinismo del capitalismo nascente, corruzione dei governi), guidano il gruppo verso una dimensione di teatro sonoro, rilanciando l’esperienza delle avanguardie del jazz radicale e della musica improvvisata degli ultimi decenni.
Con lo stesso approccio, nel 2017 arriva “Gesualdo”. Qui al trio di D’Errico si uniscono le chitarre di Antonio Iasevoli e i sassofoni di Giulio Martino. Anche in questo caso le parole musicate dal principe di Venosa vengono prelevate dai loro luoghi poetici originari e ricombinate, generando un nuovo testo, totalmente e integralmente gesualdiano. Ovviamente non si tratta di una semplice rivisitazione jazzistica, né di altre alchimie trasformative della musica di Gesualdo: si tratta di musica integralmente jazz di nuova composizione che nasce dall’intenzione di mettere a confronto due mondi per molti versi inconciliabili. Cosa c’entra la poesia nel fraseggio di un madrigale con la prosa del fraseggio nel jazz? Cosa c’entrano gli urti, i cromatismi, le feroci e veramente crude dissonanze di Gesualdo con le armonie di undicesima, di nona bemolle, di tredicesima? Il confronto è più raffinato e sotterraneo. I due mondi hanno almeno una innegabile affinità nello spirito che lega gli esecutori.
Alla stessa maniera, l’anno dopo (2018), con “Voi ch’amate lo criatore”, D’Errico incrocia la sua strada con quella di Giancarlo Schiaffini, tra i principali interpreti del free jazz italiano e figura autorevole della musica improvvisata. Un progetto, questo, sospeso tra antico e moderno, in cui alcune melodie gregoriane, prevalentemente dedicate e ispirate dal tema di Maria (Stabat Mater, Regina Coeli, Ave Maris Stella, Tota Pulchra) e altre melodie provenienti dal Laudario di Cortona, sempre dedicate al culto della Madonna, s’incontrano con le sonorità moderne e con la creatività compositiva di uno dei più grandi strumentisti-improvvisatori della scena contemporanea. Con Silvia Schiavoni alla voce e all’Ensemble dissonansen che oltre a D’Errico vede Tommaso Rossi (flauti), Ciro Longobardi (pianoforte digitale e suoni elettronici) e Antonio Caggiano (percussioni); la musica diventa una sequenza musicale in cui composizione e improvvisazione trovano un punto di incontro, utilizzando come guida e spunto costante i materiali melodici e armonici delle melodie gregoriane e medioevali, con una rapida sortita nel cuore del ‘600 napoletano, precisamente nella musica di Cristofaro Caresana (1640- 1709), autore di una raccolta di musiche ispirate a canti gregoriani, pubblicata a Napoli nel 1681, da cui viene attinto Iste Confessor. Fonti colte e popolari alla radice del sentimento del sacro in Italia: meditazioni e improvvisazioni inserite in una struttura modulare che guarda alla tradizione liturgica gregoriana e a quella delle ballate del Laudario di Cortona. Un dialogo tra monastero e popolo, tra linguaggio altamente formalizzato delle strutture gregoriane e espressioni antichissime della devozione popolare.
A chiudere il viaggio di Francesco D’Errico nella discografia di Itinera, ancora un lavoro che guarda alla letteratura colta e a quel Manuale di zoologia fantastica di Jorge Luis Borges e Margarita Guerrero. “A boa a qu” (2018). Una musica, quella contenuta in questo disco, che nasce da un riuscito laboratorio con le scuole elementari dove, alla lettura dei testi del grande poeta argentino, si alternava la musica e la creatività dei piccoli studenti attraverso disegni di animali fantastici. Anche qui, la scrittura “fantastica” offre alla musica una esplorazione libera nella descrizione degli animali. Ad affrontare questo repertorio, D’Errico si affida ancora una volta a un quintetto composto da Marco Sannini alla tromba, Marco Cappelli alla chitarra, Aldo Vigorito al contrabbasso e Giuseppe La Pusata alla batteria. E il risultato è quello di una grande varietà timbrica che mira a riprodurre le sfumature delle evoluzioni fantastiche, delle descrizioni e delle metafore del visionario giardino zoologico coltivato da Borges, dalla Guerrero e da altri autori.