Quindici anni fa iniziava l’avventura di ITINERA. E iniziava con un disco, “Folk bass spirit suite” che immediatamente traduceva in musica le intenzioni dell’etichetta nata in seno al Pomigliano Jazz: viaggiare fra culture e linguaggi musicali differenti. Il lavoro che nel 2004 la label di Pomigliano d’Arco propose fu sostanzialmente quello di mettere insieme tre artisti figli di un’unica radice sonora: l’Africa. Babà Sissoko, con il suo linguaggio figlio della grande tradizione del Mali; Famoudou Don Moye, cofondatore dello storico gruppo Art Ensamble of Chicago e Maurizio Capone, mago delle percussioni costruite con materiali di riciclo e cresciuto nel solco della tradizione, come lui stesso sostiene, afro-napoletana. Nel disco, al quale prenderanno parte anche Aldo Vigorito al contrabbasso; Piero de Asmundis al pianoforte; Marcello Colasurdo e Fabiana Martone alle voci; Giovanni Volpe al surdo e Pasquale Panico alla chitarra, il jazz diventa un territorio da esplorare e il Mediterraneo, il luogo di partenza. Nelle dieci tracce si evoca lo spirito di tre bassisti in una poliritmia ossessiva, che percorre linee sonore originali dando vita ad una musica spirituale e ipnotica. Quasi un raga indiano, con suoni che diffondono colori e profumi intensi. Tre musicisti, tre universi che si incontrano nella Napoli città di confine e più in particolare nella Pomigliano città di catene industriali e sempre più di fermenti culturali, terra sfuggente ad ogni matrice oleografica e sensibile ai racconti di identità diverse. Un disco che a distanza di quindici anni, racconta ancora con estrema attualità il carattere di questa etichetta discografica.
Capone parla di Folk Bass Spirit Suite [VIDEO]